La rivista della DSC per
lo sviluppo e la cooperazione
DEZA
Testo: di Samanta SiegfriedEdizione: 02/2022

Cosa significa lavoro dignitoso e come lo si crea? Nell’intervista, l’economista dello sviluppo Uma Rani e l’esperto di catene di creazione di valore Merten Sievers dell’Organizzazione internazionale del lavoro ci parlano di digitalizzazione, cambiamento climatico e responsabilità dell’Occidente.

«Il lavoro minorile è purtroppo in aumento», dice Merten Sievers. Nell’immagine, bambini in una fabbrica di mattoni in Bangladesh.  © Pavel Gospodinov/Loop Images/laif
«Il lavoro minorile è purtroppo in aumento», dice Merten Sievers. Nell’immagine, bambini in una fabbrica di mattoni in Bangladesh. © Pavel Gospodinov/Loop Images/laif

L’Agenda del lavoro dignitoso dell’OIL è divenuta uno strumento importante per la politica di sviluppo internazionale. In sostanza, quali sono le caratteristiche di un buon impiego?

Merten Sievers: Prima di tutto è una questione personale: il nostro lavoro ci appaga? Siamo in sintonia con esso. Inoltre, l’occupazione deve darci di che vivere, garantirci il sostentamento. Occorre quindi analizzare il reddito, i fattori che lo influenzano e la qualità del lavoro, ad esempio una copertura assicurativa completa.

Uma Rani: Penso che non dovremmo osservare unicamente le condizioni, ma anche le attività richieste. Sui portali online, personale altamente qualificato proveniente da Paesi in via di sviluppo deve eseguire compiti poco impegnativi, talvolta annichilenti. Succede così che lavoratrici filippine o indiane ben istruite debbano filtrare nei social media materiale pornografico, immagini di guerra o discorsi che incitano all’odio. Da una prospettiva di politica di sviluppo, dobbiamo chiederci come questo contribuisca allo sviluppo economico e sociale di un Paese.

Come si mette in pratica l’Agenda del lavoro dignitoso?

Sievers: Conciliare la legislazione internazionale con la realtà sul terreno è un’autentica sfida. In sostanza, l’OIL cerca di individuare le lacune più gravi nei vari contesti: la libertà di negoziazione e protezione della salute sono inesistenti? C’è discriminazione di genere? Per promuovere il lavoro dignitoso dobbiamo iniziare da lì. In campo agricolo, ad esempio, il problema di fondo è spesso la mancanza di reddito. In questo settore basterebbe aprire nuove nicchie di mercato o migliorare la qualità del prodotto per ottenere prezzi più alti.

«non dovremmo considerare unicamente le condizioni, ma anche le attività richieste»


Uma Rani

Il mondo del lavoro è in subbuglio e la pandemia di coronavirus ha aggravato molti problemi. Quali sono le sfide maggiori?

Sievers: La pandemia di COVID-19 ha inasprito soprattutto le disuguaglianze già esistenti, colpendo più duramente le lavoratrici e i lavoratori vulnerabili. Fra questi ci sono i due miliardi di persone che svolgono attività informali, come le venditrici ambulanti, le impiegate domestiche o i tassisti, che a causa della crisi provocata dal nuovo coronavirus non hanno potuto lavorare, con conseguenze disastrose per il loro sostentamento. Purtroppo, il lavoro minorile è in aumento e le lacune in materia di parità di genere sono enormi. Naturalmente, le sfide non sono uguali ovunque. Ad esempio, il Nord Africa è afflitto da un’elevata disoccupazione giovanile, mentre in America latina il problema maggiore è costituito dalle disparità sociali. Oltre alla pandemia, anche la digitalizzazione e il cambiamento climatico trasformeranno in maniera sostanziale il mondo del lavoro a livello globale.

Prendiamo la digitalizzazione: da un rapporto dell’OIL emerge che negli ultimi dieci anni l’utilizzo delle piattaforme di lavoro digitali è quintuplicato. Che impatto ha questa evoluzione sulla creazione di impieghi?

Rani: Purtroppo questa tendenza non ha comportato automaticamente un aumento dei posti di lavoro. Molti impieghi che fanno capo a piattaforme digitali, come i servizi di taxi o di consegna, le attività domestiche o i mandati per lavoratrici e lavoratori freelance, esistevano già prima. Ad essere cambiata è la relazione tra il personale dipendente e i clienti.

Può spiegarsi meglio?

Rani: Il lavoro è gestito sempre più dagli algoritmi: dall’assunzione del personale alla valutazione delle prestazioni. Si tratta di un cambiamento fondamentale perché il giudizio viene definito da un programma che può consolidare i pregiudizi ed essere arbitrario. Nello stesso tempo, il personale deve assumersi i costi per la postazione di lavoro, le attrezzature o la manutenzione e così il datore non ha praticamente alcuna spesa. Se gli affari non girano, la piattaforma può semplicemente chiudere e tutti i rischi e le uscite sono a carico dei collaboratori e delle collaboratrici. Il reddito non è più sicuro, non c’è protezione sociale o libertà negoziale o tariffaria. Durante la pandemia, molti lavoratori e lavoratrici dipendenti da queste piattaforme lo hanno purtroppo vissuto sulla propria pelle.

«Le piattaforme di lavoro digitali offrono la possibilità di lavorare alle donne, ma nella maggior parte dei casi queste ultime devono occuparsi contemporaneamente delle faccende domestiche»


Uma Rani

Le piattaforme di lavoro digitali sono un’opportunità per quei gruppi di popolazione che oggi non hanno quasi accesso al mercato del lavoro, come le donne, i giovani o i rifugiati?

Rani: Le piattaforme di lavoro digitali offrono la possibilità di lavorare alle donne, ma nella maggior parte dei casi queste ultime devono occuparsi contemporaneamente delle faccende domestiche. Quando le donne lavorano da casa, diventano invisibili e non hanno quasi più relazioni sociali. È vero che le piattaforme digitali possono aiutare le persone svantaggiate a guadagnare qualche soldo, soprattutto i migranti che si trovano spesso in una situazione disperata. Ma non sono questi gli impieghi a cui aspiriamo per raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030.

La digitalizzazione è ormai inarrestabile. Com’è possibile far emergere i vantaggi di questa evoluzione?

Rani: Ci sono esempi in America latina che dimostrano che la tecnologia, abbinata a dati gestionali, può garantire alle lavoratrici e ai lavoratori salari minimi e sicurezza sociale. Ma ciò richiede una certa volontà politica. C’è urgente bisogno di regolamentazioni a livello globale in grado di assicurare l’applicazione degli standard universali del lavoro anche alle piattaforme di occupazione digitali. Altrimenti, le iniquità globali non faranno che aggravarsi.

«il lavoro minorile è in aumento e le lacune in materia di parità di genere sono enormi»


Merten Sievers

Come mai?

Rani: I portali online stanno rafforzando la tendenza delle aziende a esternalizzare il lavoro a persone nel Sud del mondo, dove il costo della manodopera è basso e dove le collaboratrici e i collaboratori sono disponibili 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Il nostro rapporto evidenzia che la richiesta di personale su una delle principali piattaforme web proviene principalmente da Australia, Canada, Germania, Nuova Zelanda, Regno Unito e Stati Uniti. L’attività viene svolta essenzialmente da lavoratrici e lavoratori in Paesi in via di sviluppo, soprattutto in India, che rappresenta quasi il 20 per cento del mercato totale.

Signor Sievers, poco fa ha accennato al cambiamento climatico come trasformazione radicale per il mondo del lavoro. Può spiegarsi meglio?

Sievers: Come per le piattaforme di lavoro digitali, anche nella transizione verso un’economia più verde vi è il rischio che ad approfittare di questo cambiamento siano soprattutto le persone che vivono a Nord. La cooperazione allo sviluppo deve individuare le opportunità per Paesi del Sud affinché questa transizione non comporti un’ulteriore riduzione dei posti di lavoro. Non si tratta di andare in Tanzania e vietare alle piccole coltivatrici l’impiego dei pesticidi. Un’economia verde deve anche essere remunerativa, soprattutto per le famiglie contadine più povere. I costi di questa inversione di tendenza devono essere sostenuti dal Nord del mondo, il principale responsabile dell’attuale situazione climatica del pianeta.

«Ci vogliono sicuramente regole che obblighino le grandi imprese occidentali a moltiplicare gli sforzi affinché i diritti fondamentali del lavoro siano rispettati ovunque e a rafforzare il controllo lungo l’intera catena di approvvigionamento»


Merten Sievers

Anche le catene di approvvigionamento globali hanno un impatto sulla dignità del lavoro. Quali responsabilità ricadono sull’Occidente?

Sievers: Ci vogliono sicuramente regole che obblighino le grandi imprese occidentali a moltiplicare gli sforzi affinché i diritti fondamentali del lavoro siano rispettati ovunque. Inoltre va rafforzato il controllo dell’intera catena di approvvigionamento. Dobbiamo però evitare di creare una classifica di buoni e cattivi produttori perché alcuni, anche se fanno del loro meglio, non sono in grado di rispettare gli standard definiti dal consumatore europeo a causa del contesto in cui operano. In questi casi, la soluzione migliore è fornire aiuti allo sviluppo. Altrimenti a soffrire saranno nuovamente le imprese e i Paesi più poveri. Ma non è questo lo scopo.

Quindi non dobbiamo imporre standard così severi?

Sievers:I Paesi del Nord devono fare attenzione a non emanare leggi che indirettamente generano un certo protezionismo. Si corre altrimenti il rischio di escludere automaticamente tutte quelle industrie che, a causa della loro posizione geografica, non sono ancora in grado di soddisfare tutti i criteri definiti dai consumatori del Nord. È una grande sfida per la cooperazione allo sviluppo e credo sia fondamentale affrontare l’argomento.

Occupazione tramite piattaforme digitali

Il rapporto dell’OIL «Prospettive occupazionali e sociali nel mondo 2021: Il ruolo delle piattaforme di lavoro digitali nella trasformazione del mondo del lavoro» evidenzia le opportunità e le sfide per le lavoratrici e i lavoratori occupati tramite piattaforme di lavoro basate sul web. I risultati di questo studio si basano su sondaggi e interviste a cui hanno partecipato 12'000 lavoratrici e lavoratori e i rappresentanti di 85 imprese in tutto il mondo attive nei più disparati settori. Il rapporto esamina essenzialmente due tipi di piattaforme: quelle online, dove le attività sono eseguite online da remoto, e quelle locali, dove il lavoro è eseguito in un luogo specifico da singole persone, come tassisti o fattorini.

UMA RANI è un’economista dello sviluppo presso l’OIL dal 2008. In passato è stata professoressa associata al Gujarat Institute of Development Research di Ahmedabad, in India. Uma Rani si interessa di economia dello sviluppo, salari minimi, questioni di genere, settore informale e mondo del lavoro digitale. Rani è originaria di Delhi, in India.

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MERTEN SIEVERS coordina lo sviluppo delle imprese e delle catene di creazione di valore presso l’OIL. Nei suoi progetti si concentra, fra l’altro, sullo sviluppo di sistemi di mercato e sul sostegno di imprese e start up. La sua attenzione è rivolta soprattutto alla promozione dell’occupazione, del lavoro dignitoso e della parità di genere.

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