La rivista della DSC per
lo sviluppo e la cooperazione
DEZA
Edizione: 02/2022

Consulente regionale per lo sviluppo economico inclusivo nei Balcani occidentali

Mi trovo a Pristina da più di tre anni e mezzo e ho imparato ad amare il Kosovo e la sua gente. La vita qui è piacevole. Vivo in una bella casa, mi gusto l’ottima cucina balcanica e nel tempo libero visito gli angoli più suggestivi del Paese. Il mio lavoro è appassionante e comprende la gestione delle attività volte a consolidare l’economia e a creare prospettive professionali più interessanti e condizioni di lavoro migliori.

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In pochi possono affermare di avere un lavoro altrettanto interessante in Kosovo. Le cifre ufficiali indicano che nel primo trimestre del 2021, meno della metà della popolazione in età lavorativa era inserita nel mercato del lavoro. Il tasso di disoccupazione medio era del 25,8 per cento, tra i giovani adulti saliva addirittura al 48,6 per cento. Le persone con un impiego sono per lo più uomini, di cui più della metà ha un contratto a tempo determinato.

Ma che Kosovo vedo nella mia quotidianità? Di primo acchito sembra un Paese dinamico, europeo e giovane. L’alto tasso di disoccupazione non si nota subito, eppure i segni di un mercato del lavoro disfunzionale ci sono tutti. Noto, ad esempio, personale con le mani in mano nei supermercati, bar affollati a tutte le ore del giorno e se hai bisogno dell’idraulico, lui ha sempre tempo per te. Scorgo anche i segni di una scarsa protezione delle lavoratrici e dei lavoratori, ad esempio quasi nessuno indossa il casco sui cantieri edili.

I giovani dei ceti inferiori, come i figli della mia collaboratrice domestica, mi dicono che non è poi così difficile trovare lavoro. La difficoltà più grande è ottenere un impiego ben rimunerato e tenerselo stretto a lungo. Mi confidano anche di preferire il settore pubblico a quello privato, poiché garantirebbe salari medi molto più alti.

Da molti anni, la Svizzera opera su più fronti per contribuire a migliorare la situazione. Da un canto, cerchiamo di consolidare la formazione delle lavoratrici e dei lavoratori attraverso cosiddetti programmi di sviluppo delle competenze, dall’altro, promuoviamo la domanda di personale ben formato nel settore privato. Infine rafforziamo in modo mirato le agenzie di collocamento locali. Come Paese donatore, possiamo collaborare con numerosi stakeholder per assicurare che i progetti offrano una risposta adeguata ai bisogni locali.

I tre anni e mezzo trascorsi nei Balcani occidentali mi hanno insegnato che il nostro successo dipende dalla volontà di riforma di un Paese. Bisogna correggere gli incentivi sbagliati e creare le condizioni quadro adatte a favorire una crescita sostenibile del settore privato locale, affinché il Paese abbia i mezzi per affrontare le sfide future. Solo allora i nostri strumenti potranno essere efficaci e contribuire alla creazione di impieghi dignitosi. Per sfruttare le opportunità, ad esempio quelle della digitalizzazione, bisogna promuovere il dialogo con i datori di lavoro, i lavoratori e il governo. In fin dei conti, sono gli attori locali a creare posti di lavoro per la loro gente.

Traslochiamo. Da aprile 2024 troverete tutte le storie sull'Aiuto umanitario e la Cooperazione internazionale della Svizzera su dsc.admin.ch/storie.

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