La rivista della DSC per
lo sviluppo e la cooperazione
DEZA
Testo: di Samanta SiegfriedEdizione: 01/2023

In molte zone dell'Africa e dell'Asia, la popolazione soffre di malnutrizione e fame. Un progetto internazionale punta sulle colture tradizionali per migliorare la sicurezza alimentare a livello locale.

Alcune contadine indiane si prendono cura della pianta dell'amaranto.  © CROPS4HD
Alcune contadine indiane si prendono cura della pianta dell'amaranto. © CROPS4HD

L'amaranto è una pianta che cresce in fretta, è poco esigente, ricca di ferro e proteine, tollera la siccità e le sue foglie possono essere raccolte tutto l'anno. Sebbene da qualche anno sia considerato un superalimento e goda di grande popolarità, rimane comunque un prodotto di nicchia. Con il passare degli anni, questa coltura, come molte altre varietà tradizionali, è finita nel dimenticatoio. Oggi il 42 per cento delle calorie consumate nel mondo proviene da solo tre specie vegetali: grano, riso e mais.

Il progetto CROPS4HD, avviato nel 2021, vuole far ritornare in auge piante escluse dal mercato. L'acronimo sta per «Consumption of Resilient Orphan Crop & Products for Healthier Diets» (Consumo di colture orfane resilienti e prodotti per regimi alimentari più sani). L'iniziativa vuole promuovere l'uso e la conservazione di varietà di sementi tradizionali e trascurate per migliorare l'alimentazione della popolazione. Infatti, a differenza delle colture commerciali, quelle tradizionali sono spesso molto ricche di sostanze nutritive e resistono bene ai periodi di siccità e ai parassiti.

Famiglie coinvolte sin dall’inizio

«In India, molte famiglie di piccoli agricoltori conoscono bene le piante tradizionali, ma non le usano più», afferma Tanay Joshi. Il ricercatore presso l'Istituto di ricerca sull'agricoltura biologica (FibL) di Frick, nel canton Argovia, sta attuando il progetto insieme all'ONG Swissaid e all'Alleanza per la sovranità alimentare in Africa (AFSA). CROPS4HD è cofinanziato dalla DSC e attualmente viene realizzato in Niger, Ciad, Tanzania e India.

Tanay Joshi è a capo del progetto di ricerca in India e Tanzania. L'esperto evidenzia due problemi principali: la lacunosa disponibilità di sementi e la mancanza di accesso al mercato. «La coltivazione delle varietà tradizionali non riceve ancora l'attenzione che merita, né dal settore pubblico né da quello privato», afferma Joshi, spiegando che se non c'è una domanda costante viene a mancare la garanzia d'acquisto e i prezzi subiscono delle grandi variazioni. «Tutto ciò comporta un notevole rischio per le famiglie di piccoli agricoltori».

Per garantire una certa sicurezza ai produttori, il progetto si articola su tre livelli. In primo luogo, si procura le sementi da differenti operatori e le mette a disposizione delle famiglie istruendole sui metodi di coltivazione agroecologica. In secondo luogo, fa conoscere i prodotti ai consumatori e stimola la domanda. Inoltre, promuove i progressi a livello politico, in modo che le varietà tradizionali siano integrate nel sistema sementiero formale per aumentare le opportunità offerte dal mercato. Infine rafforza le banche dei semi della comunità per facilitare l'accesso degli agricoltori e delle agricoltrici alle sementi.

«Le famiglie vanno coinvolte nel progetto fin dall'inizio», afferma Joshi. A tal proposito, il ricercatore illustra lo strumento della cosiddetta selezione varietale partecipativa, scelta che viene effettuata sui campi di prova. In questa prima fase, i partecipanti definiscono i requisiti essenziali che secondo loro deve soddisfare la pianta, ad esempio, a livello di capacità di conservazione, resa o consistenza delle foglie.

«L'obiettivo è identificare le varietà predilette dalla maggior parte delle famiglie», spiega Joshi, che nel settembre 2022 ha accompagnato una sperimentazione analoga in India, in un'azienda agricola dello Stato sudoccidentale del Karnataka. «In questo modo, la scelta si adatta alle esigenze dei produttori».

Non è il momento migliore per gli esperimenti

Oltre a proporre formazioni per le famiglie di agricoltori, il progetto si adopera per creare nuovi mercati. È prevista l'apertura di sei mercati in tre Stati indiani: Bengala Occidentale, Odisha e Karnataka dove si potranno vendere direttamente i prodotti agroecologici, senza doversi affidare agli intermediari. Inoltre, le famiglie verranno sostenute per quanto riguarda il trasporto o lo stoccaggio del raccolto.

Contadine e contadini controllano la coltivazione e la produzione di varie specie di fagioli indiani verdi.  © CROPS4HD
Contadine e contadini controllano la coltivazione e la produzione di varie specie di fagioli indiani verdi. © CROPS4HD

Convincerle a partecipare al progetto non sarà però cosa facile. Le conseguenze dei cambiamenti climatici sono sempre più evidenti: le forti piogge, che per mesi superano ogni record, rovinano i raccolti e le vie di trasporto in India. «Non è il momento migliore per proporre degli esperimenti», fa notare Pradhan dell’ONG Swissaid. Tuttavia è importante che le famiglie di piccoli agricoltori facciano rete. Ciò favorirebbe la diffusione dei nuovi metodi di coltivazione e delle varietà tradizionali. Inoltre, il trasporto verso i mercati potrebbe essere semplificato e i costi per la certificazione biologica potrebbero essere condivisi. Attualmente, nell'ambito del progetto è prevista la creazione di sei cooperative di agricoltrici e agricoltori.

«Ma dobbiamo convincere soprattutto i consumatori», dice Pradhan. Per questo motivo, CROPS4HD promuove eventi che mirano a far conoscere i nuovi prodotti e i metodi di coltivazione, ad esempio con visite alle famiglie degli agricoltori, con sagre delle sementi, concorsi di cucina, libri di ricette. Nelle grandi città si cerca di mettere in contatto i piccoli agricoltori con i negozi di prodotti biologici. L'importante è fare rete. «Più la popolazione viene sensibilizzata sul valore nutrizionale e sulla diversità delle piante commestibili, più le famiglie di piccole agricoltori le coltiveranno».

La legge indiana sulle sementi

Negli anni Novanta, l'Organizzazione mondiale del commercio ha imposto agli Stati membri di dotarsi di una normativa specifica per la protezione delle varietà vegetali. In seguito, molti Paesi hanno aderito alla Convenzione dell'Unione internazionale per la protezione delle nuove varietà vegetali (UPOV) che limita la produzione, la vendita e lo scambio di sementi. Tuttavia, l'UPOV è stata più volte criticata per aver concesso i diritti di accesso solo alle aziende produttrici sementi e non agli agricoltori. In India, il governo ha deciso di non aderire alla Convenzione UPOV vista la forte opposizione della società civile. Ha invece elaborato una propria legge, approvata nel 2001. Questa consente la coesistenza di sistemi di sementi pubblici e di proprietà degli agricoltori. La legge indiana sulla protezione delle varietà vegetali è unica al mondo e permette di rispondere alle esigenze di diverse comunità di interesse.

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